Tutto succede quando meno te lo aspetti. Tutto veloce, all’improvviso… La decisione di partire per Varese e rivedere un passato che pensavo ancora lontano. Ventuno anni dall’ultima volta. Ventuno anni che non vedo un’amica speciale che è lì, con la mia stessa voglia di parlare, condividere, sapere…
Ci siamo lasciate che io avevo tredici anni, lei dodici. Ricordo ancora il suo viso con le lacrime davanti a quel cancello del nostro condominio che ci separava, per sempre… Ricordo quel volto come se fosse adesso…
Per me che andavo via era più facile. Roma, la città eterna era una meta sognata mille volte, decantata da mia madre; una meta che mi avrebbe fatto anche raggiungere mio padre. Un padre assente, via forse per lavoro o forse no…
Ci siamo poi riviste per la prima volta dopo quell’addio appena maggiorenni in un posto di mare. Un posto impersonale.
Ci siamo riviste con il nostro bagaglio adolescenziale, ci siamo probabilmente riviste diverse, ci siamo forse respinte, in un incontro che ricordo strano, quasi di sopportazione. La lontananza sembrava aver incrinato l’amicizia. L’adolescenza è un periodo difficile: non eravamo pronte a parlare di noi. Ci sentivamo troppo distanti, la confidenza sembrava scemata. O semplicemente non avevamo il coraggio di raccontarci le delusioni e i rapporti difficili tipici di quell’età.
Ci siamo poi riviste in due occasioni importanti: il mio matrimonio e il suo, mentre la distanza tra noi sembrava ancora più abissale. Ci cercavamo, ci volevamo ancora nei momenti decisivi della nostra vita, ma le relazioni intorno a noi forse ci fagocitavano, ci impedivano ancora di essere noi come un tempo, di parlare di ciò che stavamo diventando. Poi l’ultimo incontro ci fu quando io avevo venticinque anni e lei ventiquattro. Ma anche allora ricordo il silenzio tra noi. Qualcosa ci attirava e respingeva come le calamite che non si incontrano mai perfettamente. Certo lì eravamo in quella che viene definita la tarda adolescenza. Stavamo appena diventando donne, prese dal nostro lavoro, dalla nostra vita in città lontane e terribilmente diverse tra loro come forse eravamo diventate noi. Poi da allora, il silenzio.
Da allora mai più un incontro. Da allora per me una vita movimentata, per certi versi tormentata, difficile: il matrimonio che si sfascia, il lavoro spesso precario, l’avvio di un’attività tanto desiderata, vent’anni di solitudine. Per lei, per quel che ne so, cambi lavorativi e un figlio meraviglioso, il sogno di ogni donna, la realizzazione di essere madre.
Vite diverse nel silenzio tra noi, a parte qualche sporadico messaggio che però non dice nulla di ciò che siamo, conferma solo di essere ancora vive, ma lontane e non solo fisicamente.
Da qualche giorno però ho capito che i rapporti forti durano anche alla lontananza, anche al silenzio. I rapporti che ti hanno segnata nell’infanzia durano al tempo, al dolore, alle vicissitudini, alla separazione. I rapporti forti ci sono e basta.
Percepii il suo entusiasmo alla telefonata che annunciava il mio arrivo. Percepii quella mia stessa voglia di stare insieme, di parlare di noi, di viverci un rapporto troppo a lungo taciuto, desiderato, atteso…
Il centro di Varese oggi
Ora siamo due donne mature. Abbiamo saputo ritagliarci quel tempo tutto per noi che non riuscimmo a concederci prima. Ventuno anni sono passati dal nostro ultimo incontro, ma il ricordo di quel viso con le lacrime che mi salutava dal portone di casa ancora mi emoziona. Ora che insieme abbiamo potuto ripercorrere finalmente le vie della nostra infanzia mi sembra di non averla mai lasciata. Mezza Italia non ci divide più. È come se la maturità e la libertà di essere donne ci possa riavvicinare; è come se la distanza, anche quella chilometrica, inspiegabilmente si fosse accorciata. Ora sento di poterla riabbracciare senza dover aspettare altri ventuno anni.
Forse ho maturato che Roma non mi appartiene, non mi è mai appartenuta, non è mai stata la mia città. Non è la città che decantava mia madre, non mi ha permesso di ritrovare mio padre. Roma per me è stata prevalentemente dolore, solitudine, in parte lo è ancora. Rivoglio la mia città natale dalla quale sono partita 33 anni fa. Rivoglio la mia amica. Peccato solo non poter riavere anche l’infanzia piena di sogni e aspettative…
Questo viaggio l’ho intrapreso con una cara amica conosciuta a Roma e con la quale proprio quest’anno faccio esattamente e casualmente ventuno anni di amicizia. Un viaggio diventato lungo molto più del previsto condividendo il fatto che non fosse importante arrivare presto alla meta ma stare insieme, passare quel tempo che la caotica città romana spesso toglie. A Omegna, la sua città natale, ho conosciuto persone speciali. Ho conosciuto la sua mamma che mi ha accolta come fossi una figlia e trattato Nocciolina come fosse la sua cagnolina, facendomi sentire ancora più accettata. Ho conosciuto un bel papà coccolare e accudire la sua bambina di 9 anni facendomi pensare che quella bimba fosse molto fortunata. Ho visto i suoi fratelli condividere esperienze di vita sportive e relazionali in piena sintonia facendomi respirare un’aria di serenità spesso difficile da vivere. Ho visto un fratello accudire il cane della sorella in vacanza come fosse il suo; un altro vivere nei boschi libero, come se le comodità del progresso non gli appartenessero. Ma soprattutto, ho visto un uomo proteggere e coccolare Nocciolina un po’ malconcia in una situazione divenuta difficile come fosse parte della sua famiglia e facendomi vedere ancora una volta quanto gli uomini sappiano essere veramente esseri umani.
Tiziana Cristofari
Nocciolina infortunata