Il termine ‘hikikomori’ è stato formulato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saitō, per riferirsi al fenomeno di persone che hanno scelto di vivere estraniandosi dal mondo. Letteralmente vuol dire ‘stare in disparte, isolarsi’.
Vengono distinti 3 stadi per lo sviluppo di questa sindrome: nel primo possono riscontrarsi il rifiuto saltuario di andare a scuola, utilizzando scuse di qualsiasi genere, il progressivo abbandono di tutte le attività che richiedono un contatto diretto con il mondo esterno, una graduale inversione del ritmo sonno-veglia e la preferenza per attività solitarie (videogiochi o il consumo sregolato di serie TV).
Nel secondo stadio si cominciano a rifiutare puntualmente le proposte di uscita degli amici, si abbandona progressivamente la scuola, si inverte totalmente il ritmo sonno-veglia e si trascorre la quasi totalità del tempo chiusi nella propria camera.
Nel terzo stadio, lo hikikomori sprofonda in un isolamento pressoché totale, esponendosi a un grande rischio di sviluppare psicopatologie (soprattutto di natura depressiva e paranoide). Per il giovane la stanza è il suo mondo, è l’unico riparo dalle pressioni sociali e non vuole che nessuno lo invada. Gli unici contatti con l’esterno, se avvengono, sono via internet, nei blog e nelle chat.
L’ambiente scolastico è un luogo vissuto con particolare sofferenza dagli hikikomori e non a caso la maggior parte di loro propende per l’isolamento forzato proprio durante gli anni delle medie e delle superiori. […]
I genitori devono provare ad aumentare i momenti di comunicazione con il figlio, cercando di scoprire le motivazioni intime che provocano i comportamenti di isolamento. […]
Molti adolescenti oggi ripiegano nell’autoisolamento in seguito a frustrazioni, delusioni amicali, crollo di autostima per insuccessi scolastici o per aver subìto atti di bullismo. Per questi motivi tendono a spostare la loro residenza nel mondo della rete sostituendo le relazioni reali con quelle virtuali*.
Ma la verità è un’altra. Le delusioni e le frustrazioni, gli atti di bullismo o gli insuccessi sono solo l’apice di un problema che sta a monte. Sapere cosa avviene nel pensiero degli adolescenti quando l’anaffettività prende il posto della relazione umana può spiegarci perché molti giovani, in conseguenza di una crisi come quelle descritte, si isolano nel mondo del web.
Genitori e insegnanti dovrebbero sapere che il web non è il nemico se la relazione umana rimane il principale veicolo di comunicazione. Il web diventa pericoloso quando genitori e figli, docenti e studenti o tra i pari, non si parla più, e l’anaffettività relazionale e l’incapacità di provare emozioni profonde prendono il sopravvento.
Nel libro Adolescenti nella rete, viene spiegato in modo magistrale come alcuni ragazzi raggiungono l’abisso nelle relazioni e il mondo virtuale diviene l’unico loro modo per sopravvivere ad una realtà che altrimenti li farebbe impazzire.
Consiglio vivamente la lettura a tutti i genitori e insegnanti che vogliono capire come proteggere i propri figli e studenti da una cultura dell’indifferenza e dai “pericoli” del web.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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(*Tratto da Adolescenti nella rete. Quando il web diventa una trappola, L’asino d’oro edizioni, 2018)