Abbiamo rivelato perché le prove INVALSI distruggono la scuola.
La scuola è un modo per assolvere all’obbligo dell’istruzione. Badate, non all’obbligo di andare a scuola (frequentare la scuola non è un obbligo costituzionale), ma serve ad assolve all’obbligatorietà di istruire i nostri figli. E sì, perché la scuola dovrebbe onorare al meraviglioso compito di dare formazione e istruzione ai nostri bambini. Ultimamente però, ci sono sempre più famiglie che decidono di istruire personalmente i propri figli e devo dire che dopo tutto quello che mi raccontano i genitori, dopo la mia esperienza come docente in scuole pubbliche e private superiori ed inferiori, li capisco perfettamente.
La scuola degli ultimi anni è diventata un competitivo gioco a quiz da conquistare e non più una realtà per formare menti pensanti.
Quando diversi anni fa introdussero queste prove e ci furono le prime ovvie polemiche, la spiegazione che usarono a motivazione delle INVALSI, era quella di voler valutare le competenze dei docenti e pertanto le capacità organizzative e qualitative della scuola, facendo spegnere in parte la polemica e lasciando scadere la scuola letteralmente nei fogli dei quiz.
Da quest’anno le prove INVALSI, seppur non fanno più media con gli esami dell’ultimo anno, le hanno rese obbligatorie per tutti. Gli scorsi anni i bambini certificati potevano essere esonerati dalle prove o bastava essere assenti per non farle. Da quest’anno invece tutti i bambini e gli adolescenti sono obbligati a partecipare; e se si è assenti il giorno in cui vengono proposte, si devono recuperare in un altro giorno.
Ritorniamo al punto di partenza. Se le prove sono obbligatorie e sono necessarie per la valutazione dei docenti e della struttura, voi capite bene quanto diventi indispensabile per la scuola la certificazione! Per fare un esempio semplice. Se io scuola, per essere considerata una buona scuola devo raggiungere un certo punteggio dalle prove INVALSI, è ovvio che se posso dimostrare di avere tanti studenti certificati, un punteggio basso avrà un peso diverso rispetto ad un punteggio basso non giustificato da certificazioni. Ovvero, in questo modo risulterebbe non l’incapacità dei docenti o della scuola in generale di formare e istruire i propri alunni, ma risulterebbe la “patologia”, il “disturbo” o quant’altro dei bambini, a giustificarne la scarsa istruzione. Capite bene l’importanza della certificazione anche solo per una disgrafia! (brutta scrittura).
La domanda che mi pongo è quanti dirigenti scolastici e quanti docenti lavorino realmente a favore del bambino e non a favore del prestigio della scuola oramai diventata più un’azienda che deve essere efficiente a scapito della formazione e dell’istruzione di menti attive; pertanto, così facendo, l’istituzione scolastica tradisce il principio costituzionale secondo cui la scuola è obbligata a istruire tutti i propri studenti (senza alcuna distinzione).
Proviamo a ragionare. Ipotizziamo che la buona scuola possa essere giudicata dalle prove INVALSI non solo sul rendimento delle prove stesse, ma anche sulla quantità di bambini non certificati. Ovvero ipotizziamo il caso che l’alto numero di certificazioni sui bambini penalizzassero la scuola e non viceversa. Considerando che le scuole pubbliche sono obbligate a prendere tutti i bambini del quartiere senza discriminazioni di alcuna natura, sono certa che gli insegnanti, non potendo più scaricare il problema sugli studenti e sulle famiglie, si troverebbero costretti a lavorare meglio e di più con i bambini in difficoltà, permettendo loro di raggiungere migliori risultati scolastici senza doverli far passare a tutti i costi per “disturbati”; innalzando in questo modo la cultura generale e non affossandola come le stesse prove INVALSI dimostrano se confrontate ai risultati delle competenze acquisite dagli studenti degli altri Stati europei.
Certo è che la buona scuola, potrebbe essere una vera buona scuola se anche i docenti venissero messi in condizione di lavorare decentemente garantendo possibilità di avere al massimo 20 bambini per classe. In questo caso inoltre, si eviterebbe sicuramente la lamentela e a volte la giustificazione, di non riuscire a dare le stesse opportunità ai bambini a causa delle classi pollaio.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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