Oramai sappiamo che i telefonini hanno un sistema di programmazione che, inserendo la data di nascita, consentono o meno l’accesso alle app in base all’età dell’utente registrato. Ma è vero che il telefonino è un po’ come il diario di una volta e i genitori non devono controllarne l’uso che ne fa il proprio figlio?
Sì. Il telefonino è considerato dall’adolescente un oggetto molto personale e non deve essere controllato dai genitori, sarebbe come invaderne la privacy e poi farseli nemici.
Ma è giusto proibire l’uso dei social per riuscire a tenere i propri figli sotto controllo e lontano da situazioni spiacevoli?
No, proibire non serve. Sappiamo benissimo che gli adolescenti trovano mille modi per fare ciò che gli si proibisce. Piuttosto è necessario che i ragazzi arrivati ai 14/15 anni abbiano potuto costruire una solida relazione con l’adulto significativo; ovvero una relazione tale, che gli consenta di rendere l’adulto partecipe delle proprie scelte e delle proprie situazioni personali. Se un adolescente sa di poter contare sul genitore, perché non si sente giudicato o accusato o condannato per un errore, sarà lui stesso a renderlo partecipe delle difficoltà o dei pericoli nei quale si può trovare. E comunque l’adulto non dovrebbe mai dare un oggetto complesso come il cellulare, senza informare l’adolescente sull’uso appropriato che ne dovrebbe fare e sugli eventuali pericoli in cui potrebbe incorrere. Educare significa guidare. Se lasciamo l’adolescente solo nelle nuove esperienze, è chiaro che può succedere qualunque cosa.
Comunque, una relazione idonea è fondamentale, perché se il ragazzo ha paura di coercizioni, punizioni o di sentirsi umiliato per il suo comportamento, non cercherà il genitore in caso di difficoltà ed è proprio questo il momento in cui può trovarsi in situazioni spiacevoli.
Proibire non ha mai sortito alcun effetto positivo né sui bambini, né sugli adolescenti.
L’educazione intesa come la vede la scienza pedagogica, ovvero senza coercizione, imposizione e comando, significa senza un indottrinamento di ciò che vuole l’adulto. L’educazione come la intendiamo noi pedagogisti, cultori dello sviluppo psichico e cognitivo adeguato e sano, si basa sulla capacità dell’adulto di creare una relazione con il bambino e l’adolescente e pertanto una comunicazione bidirezionale. La comunicazione non è mai a senso unico, del tipo “io sono l’adulto e tu devi fare ciò che ti dico”. L’educazione è una pratica che permette la costruzione della relazione tra due soggetti che devono saper dialogare tra loro, qualunque età essi abbiano, e consenta a entrambi la scelta individuale dell’altro, senza giudizio e senza imposizione. È solo in questo modo che possiamo permettere ai bambini prima e agli adolescenti poi, di costruirsi autostima e indipendenza che gli consentiranno di non trovarsi in situazioni spiacevoli o, se dovesse accadere, di saper chiedere aiuto.
Quindi la scienza pedagogica ovvero l’educazione, è un percorso in costruzione tra due persone, e soprattutto è un percorso che parte dal genitore…
Esattamente. I bambini e quindi poi gli adolescenti sono ciò che noi adulti gli permettiamo di essere al momento, e ciò che permettiamo loro di diventare nel futuro.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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