Il modo di essere è un atto educativo.
Forse ai lettori di Left o a Left stesso questa affermazione non piace perché mi sembra di aver capito che pensate all’educazione solo in termini di coercizione, come forse è quasi sempre stata. Ma è bene ricordare che anche la psichiatria è sempre stata e lo è per molti ancora oggi, un fatto quasi esclusivamente organico, che solo la nuova ricerca scientifica di Massimo Fagioli ha rivoluzionato.
Parlando di atti educativi tra educatore (pedagogista, insegnante, genitore, nonni, zii ecc.) ed educando (figlio, nipote, studente), possiamo oggi sicuramente affermare che un modo di essere aggressivo, coercitivo, punitivo, anaffettivo lo è, per malattia mentale; e allo stesso tempo, un atto educativo calmo, affettivo, delicato, intuitivo, creativo lo è, per sanità.
Questo discorso però non è sufficiente per poter parlare di educazione: educativo è anche l’ambiente in cui si vive l’atto educativo; la circostanza che lo caratterizza; le ragioni che caratterizzano l’atto educativo; gli stimoli che si hanno, le persone che si frequentano, i contenuti e i mezzi che sostanziano il rapporto tra educatore ed educando; i contesti sociali di appartenenza dell’uno e dell’altro. Tutto questo (insieme alla salute o alla malattia mentale) diventa il modo di essere dell’essere umano, che verrà trasmesso alle generazioni successive come atto educativo.
Parto da queste poche parole per esprimere come mi sento quando leggo su Left il termine “educazione” utilizzato a prescindere con disapprovazione, a volte con disprezzo. E per me che sono una pedagogista che studia l’educazione, ovvero il modo migliore per permettere ai bambini e ai ragazzi di crescere al meglio, leggere certe parole mi offende, nonostante io sia una lettrice assidua e appassionata della Vostra rivista.
Piero Bertolini (1931-2006), pedagogista e filosofo, ha spiegato molto bene cosa sia la pedagogia e soprattutto la “relazione educativa”, che sostiene essere alla base di una buona “educazione”. Nel suo libro L’esistere pedagogico (1988) le sue affermazioni si avvicinano moltissimo al pensiero di Massimo Fagioli affermando che la relazione ha due canali di comunicazione, uno cosciente e l’altro irrazionale. Le persone false sono quelle che razionalmente adottano un certo tipo di comportamento. Le persone vere sono quelle che irrazionalmente adottano un certo tipo di comportamento. Fulcro del suo pensiero pedagogico è stato il concetto di pedagogia scientifica ispirata alla fenomenologia husserliana.
Ma forse Bertolini è poco conosciuto; il nome risonante per eccellenza della figura pedagogica è Maria Montessori (psichiatra) la quale centovent’anni fa al Congresso pedagogico di Torino del 1898 sosteneva: “…io però a differenza dei miei colleghi ebbi l’intuizione che la questione dei deficienti fosse prevalentemente pedagogica, anziché prevalentemente medica”.
La figura del pedagogista è stata bloccata per decenni dopo la Montessori, la quale, dichiarata scomoda in età fascista, lo è rimasta disastrosamente fino ai giorni nostri, a vantaggio soprattutto negli ultimi trent’anni, di una medicalizzazione senza precedenti per ogni atteggiamento assunto dai bambini. Medicalizzazione che ha tantissimi risvolti opportunistici: da quelli economici, a quelli di casta, a quelli sociali per un abbattimento delle capacità cognitive dell’essere umano e la conseguente gestione delle masse da parte della politica. Esattamente per lo stesso motivo per cui la Montessori fu respinta dal potere fascista, perché insegnava ai suoi bambini a pensare.
Non è giustificato ignorare la pedagogia e considerarla come se l’unica realtà fosse ancora e solo quella coercitiva e violenta, come spesso purtroppo leggo su Left. La pedagogia, quindi l’educazione come la intendete e dichiarate Voi — per quanto io possa comprendere il Vostro punto di vista medico-filosofico o se preferite antropologico —, non è corretta. La scienza pedagogica a partire da Maria Montessori ha fatto passi da gigante: i veri formatori (pedagogisti, educatori, insegnanti) non parlano più da molto tempo di “bambino tabula rasa” o “coercizione fisica o psicologica”. E questo lo devono alla Scienza Pedagogica, ovvero la Scienza che studia l’Educazione. È vero che ci sono tantissimi docenti o pedagogisti o educatori che sono ancora lontani anni luce dal capire che il bambino è un essere umano che cresce nelle relazioni e in quelle trova al sua salute mentale o la sua malattia. Ma senza quei Pedagogisti che hanno studiato e dimostrato di essere capaci di muoversi anche senza la Teoria della nascita — esattamente come alcuni psichiatri che grazie alla Teoria della nascita sanno come l’uomo si ammala —, non ci sarebbe stata una cultura educativa (seppur ancora molto piccola) pronta a capire e cambiare lo stato delle cose, come in molte realtà già avviene. È vero che siamo pochi, esattamente come pochi sono gli psichiatri che conoscono la Teoria della nascita; ma ci siamo.
Non è sicuramente pensabile che tutti i genitori vadano in psicoterapia o che lo facciano tutti gli insegnanti, ma è assolutamente pensabile rendere consapevole la società attraverso la nuova scienza pedagogica per i professionisti, i corsi di formazione e aggiornamento per genitori e insegnanti, su come si può e si deve aiutare a crescere i propri figli o studenti nel migliore dei modi: e questo è compito dei pedagogisti, ovvero di coloro che hanno studiato come far crescere al meglio l’essere umano a qualunque età. Perché saper insegnare, aiutare a crescere o a migliorare le potenzialità comunicative degli anziani, non è un’improvvisazione — come più volte nei convegni, anche recenti, è stato dimostrato con esperti del settore psichiatrico assolutamente incapaci di esprimere ciò che sanno parlando a una platea di adolescenti —, anche se poi tutti si sentono di poter insegnare.
Ed è attraverso questa conoscenza pedagogica (sicuramente più razionale, ma che spiegata adeguatamente può fare intuire cosa c’è oltre la ragione), che possiamo poi sperare (se necessario) che quella persona faccia altri passi di ricerca più personali.
Quindi tornando a ribadire la Vostra a volte giustificata posizione nei confronti della vecchia educazione, reputo falsa l’affermazione che “non si educa”, chiedendoVi di non denigrare tutta una categoria (che recentemente è stata anche riconosciuta dalla L. 205/2017) e che del proprio mestiere può e deve dare tanto in termini di rivoluzione e conoscenza educativa e quindi antropologica, grazie allo studio della pedagogia (relazione educativa, metodo, didattica) dedicata esclusivamente al “processo educativo” e di crescita dell’essere umano, inteso come spiegato in questa lettera.
Cordiali saluti
Tiziana Cristofari