Mi chiamo Tiziana Cristofari, sono una pedagogista e insegnante.
Scrivo nuovamente perché il senso di impotenza davanti a tanta banalità e stupidità non mi permette altro che raccontare (nel tentativo di invertire la rotta), lo stato di fatto di alcune posizioni sociali arbitrarie dominanti che continuano a mietere vittime tra i più piccoli.
Sto scrivendo un libro sui disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), un libro che vi racconterà di come sia molto improbabile che tale disturbo (così definito dalla comunità scientifica) possa essere causa di questioni genetiche o neurobiologiche. Se, e ribadisco se, qualche implicazione sullo sviluppo cognitivo della vostra bambina o del vostro bambino c’è, quello non può che essere di origine psicologica e pertanto assolutamente superabile.
Ma, nel definire il “se” una probabilità, mi preme informarvi che la maggioranza delle volte in cui vostr@ figli@ riporta una difficoltà nella lettura, nella scrittura, nel calcolo o addirittura nella calligrafia (trovatemi un medico che ha una calligrafia leggibile e ve ne sarò grata), c’è sotto un motivo di incapacità pedagogica e non certo un motivo legato a problematiche di natura organica.
La pedagogia, in quanto scienza dell’educazione, ha una fortissima risonanza sulla capacità cognitiva dei nostri bambini. Tale risonanza se viene delusa, frustrata, maltrattata, indebitamente espressa, non considerata, abusata o incapace di esprimersi nella didattica, causa tutte quelle sintomatologie che sopra ho citato.
Se ciò che io affermo è vero — come del resto ho più volte dimostrato ai genitori dei bambini che mi sono stati affidati —, significa che la base dell’educazione — studiata e messa a punto dalla pedagogia — non ha funzionato perché, o è errata o non è stata applicata o il più delle volte chi dovrebbe conoscerla non la conosce affatto. Allora cosa succede se tutto questo viene a mancare? E perché questo avviene?
Nel rispondere brevemente a quest’ultima domanda, diciamo che la pedagogia da sempre e per un interesse politico economico piuttosto che sociale, è stata screditata e non riconosciuta per la sua portata umanitaria e formativa importantissima e di cui da sempre la politica ne ha fatto solo un uso proprio, annullando di fatto la sua origine e le sue potenzialità di intervento nello sviluppo cognitivo del bambino, che significherebbe far sì che i bambini possano cresce nella libertà di pensiero e di critica costruttiva.
Negli anni passati è successo che i bambini — quelli che non riuscivano a formarsi un’adeguata capacità cognitiva in tempi predestinati e imposti da una didattica autoritaria, plasmante e contenutistica (metodo educativo che ancora è in uso nelle nostre scuole) —, fossero aiutati banalmente da altri docenti esterni alla scuola, che supplivano a quelle carenze riscontrate nell’attività scolastica. Oggi invece la politica e la società, per gli stessi problemi e per non ammettere il fallimento della scuola e dell’impreparazione pedagogica dei docenti — cosa che nel passato non veniva minimamente contemplata —, preferiscono marchiare quegli studenti come cognitivamente inferiori affinché si possa continuare a tenere sotto controllo la società: prima per il medesimo controllo esisteva la povertà e la classe sociale inferiore.
Bene! io, Tiziana Cristofari, a tutto questo non ci sto, l’ho detto più volte. Non ho certo la possibilità di sostituirmi ad una politica scolastica fallimentare, ma posso dire alle persone, ai genitori e anche ai docenti che mi vogliono stare a sentire, che quel percorso, quello della certificazione di “disturbi” inesistenti e marchianti a vita, lo contrasto. Mi rifiuto di accettare l’idea che il 20% dei bambini di quasi tutte le classi (praticamente un’epidemia) hanno difficoltà di apprendimento e che soprattutto le hanno perché nei loro geni o nei loro neuroni c’è qualcosa che è andato storto. Non è così. Nel mio prossimo libro, intitolato Bambini senza DSA: una realtà possibile!, spiegherò perché tutto questo non è credibile a livello scientifico organico (genetico o neurobiologico), e spiegherò come invece a livello scientifico pedagogico-didattico sia possibile l’assoluto recupero di tali difficoltà scolastiche. Certo, ora e fino all’uscita del libro, dovrete solo aver fiducia di queste poche righe. Ma posso e voglio chiedervi di fare un passo importante e per garantire la salute mentale dei vostri figli, prima ancora di poter comprendere fino in fondo le mie parole.
Conosco bene la sensazione che voi genitori più volte mi avete riportato dello smarrimento e del vuoto, della paura, del senso di frustrazione e colpa che vi avvolge quando un insegnante dice che vostro figlio o vostra figlia ha un problema cognitivo. So bene che il primo desiderio che nasce in voi è che qualcuno possa contrastare quel dire. So bene che contrastarlo significa per voi innanzitutto andare da un medico e farlo accertare o meno. Ma io vi invito a mantenere la calma (anche se so che è difficile), e invece di percorrere un itinerario medico/diagnostico che vostr@ figli@ percepiranno come invasivo della loro capacità di essere e di saper fare — e che pertanto li renderà tristi, insicuri e aggressivi —, proponete loro ciò che da sempre si è fatto: ovvero, proponetegli un insegnante per il recupero delle carenze; un/una insegnante che sappia amare il suo lavoro perché ha scelto quel percorso specifico di studi; perché è solo quello ciò che desidera fare e perché conosce la pedagogia e la didattica in ogni suo aspetto e per ogni esigenza dell’alunno; ma soprattutto un insegnante che non punisca, non offenda, non denigri, non imponga, non sia indifferente, non lo faccia sentire stupido, incapace, ma che al contrario, sappia capire le sue frustrazioni, sappia comprendere i suoi silenzi, sappia incoraggiarlo e stimolarlo, sappia agire secondo i suoi tempi.
Date fiducia ai vostri figli e dategli un’opportunità in più che vi permetterà di comprendere che ciò che vi sto dicendo è il giusto percorso da intraprendere. Abbiate fiducia nelle potenzialità cognitive dei vostri bambini che nascono sani — e anche di questo vi spiegherò il motivo —, perché anche quando li fate seguire dai logopedisti, loro non fanno altro che adottare metodi alternativi alla didattica scolastica, ma non sanno nulla di pedagogia e pertanto sono sempre un gradino indietro a chi, conoscendo la pedagogia, sa veramente insegnare.
Il lavoro dell’insegnante non si improvvisa. Non basta aver studiato anche fino alla laurea, per dichiararsi docente. Non basta conoscere la scrittura o il calcolo per insegnare ai più piccoli o agli adolescenti. E chiaramente neppure la pedagogia si improvvisa, anzi! La pedagogia è la scienza dell’educazione e della formazione, una scienza ben precisa, e saperla applicare è una continua ricerca evolutiva che si esprime nella didattica e nella varietà dei suoi interventi. Pertanto insegnanti ci si diventa con un preciso iter di studi, esattamente come si diventa medici o avvocati. Però non si capisce per quale motivo a nessuno di noi verrebbe in mente di fare il medico senza la laurea in medicina o l’avvocato senza aver fatto giurisprudenza, ma siamo tutti pronti a dire che siamo insegnanti senza conoscere la pedagogia!
Dr.ssa Tiziana Cristofari©Tutti i diritti riservatiPS: Se vuoi essere informat@ sull’uscita del libro citato nell’articolo seguimi sul blog www.figlimeravigliosi.it oppure chiedimi l’amicizia in Facebook Tiziana Cristofari oppure vai alla pagina FB Consulenza Pedagogica Roma oppure alla pagina FB Associazione Di.Sco.
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