Ecco come ho risolto un problema di dislessia
I bambini si sa, credono molto in ciò che gli adulti dicono, soprattutto se sono i propri genitori.
Quello che non si sa è che un bambino, a volte, riesce a costruire il suo bisogno di affettività e attenzioni su una problematica scolastica (DSA) a lui conosciuta e su cui il mondo adulto rivolge l’attenzione. E il piccolo, scoprendo il piacere delle attenzioni si autoconvince che quella difficoltà momentanea nell’apprendimento, superabile, deve essere esattamente come gli adulti dicono che è. È chiaro che per lui il ragionamento non è cosciente, è una spinta, un impulso a costruire il suo pensiero in un certo modo perché gli fa più comodo, ma confermando così quanto vanno dicendo della sua capacità di apprendimento.
Mi spiego meglio.
Vi ricordate le letterine scambiate nella lettura o nella scrittura (D con T, S con F, A con E e via cantando?), fatte passare dalla comunità scientifica come problemi di dislessia? Bene vi racconto un fatto — uno dei tanti che mi sono capitati— di questo “disturbo dell’apprendimento” che uomini di scienza, medici neuropsichiatri, biologi genetisti, logopedisti e docenti poco formati ululano alla genetica e a qualche malformazione neurologica. Senza ovviamente avere alcun confronto con chi conosce formazione e didattica in modo ottimale.
Rosita (il nome è di fantasia) era una bambina che frequentava la seconda classe della primaria… oggi fa la quarta, ma non viene più al mio studio; le bastarono 4 mesi, e per “magia” i neuroni capricciosi e il gene depresso hanno deciso di andare a far visita a un altro malcapitato.
Nel primo incontro la madre mi raccontò che la bambina era stata certificata con una lieve dislessia perché scambiava la F con la S, ma da allora aveva cominciato a rendere meno: non voleva più fare i compiti, non voleva leggere (cosa che prima invece faceva con piacere). Si vergognava del fatto che i suoi compagni e l’insegnante di classe la deridessero perché nel fare i cartelloni scambiava la lettera F con la V, cambiando a volte il senso delle parole.
Cominciammo così a incontrarci una volta a settimana per un’ora. Leggevamo e scrivevamo molto, e in effetti, ma solo nella scrittura, riscontravo l’errato uso delle due lettere.
Dopo qualche incontro, lei era con me visivamente a suo agio e io avrei potuto cominciare a parlare della questione S e F — cosa di cui nei primi incontri mi sono guardata bene dal fare perché lei (come ogni altro bambino), avrebbe dovuto abituarsi ed entrare in sintonia con me per sentirsi libera di parlarne senza pensare ad un giudizio da parte mia.
Al momento giusto quindi, le chiesi come mai sbagliava a scrivere quelle letterine. Mi rispose che era così da sempre, che lei aveva qualcosa in testa che la faceva sbagliare. Le chiesi cosa fosse quel qualcosa in testa, ma non seppe rispondermi. Allora le feci notare che come insegnante non mi era mai capitato che una bambina non potesse imparare a scrivere bene quelle lettere.
Le dissi questo, perché era fondamentale che lei cambiasse il pensiero di se stessa, quel pensiero che gli adulti le avevano inculcato. Mi guardò dicendo: «Veramente?!» «Certo!» Risposi. «Non si è mai sentito che una studentessa sbagli due letterine così semplici e non riesca mai a scriverle esatte». Allora lei insistette: «Ma io ho qualcosa in testa». Ed io. «Davvero? E cosa hai in testa?» Rispose che la maestra prima, i suoi genitori e il medico poi, le avevano detto che aveva qualcosa che le faceva scambiare le lettere. A quel punto le dissi che non credevo a ciò che gli adulti le avevano raccontato. Le dissi che insegnavo da tanti anni e con me tutti i bambini avevano imparato ad usare quelle lettere. Le feci notare che nel leggerle lei non le sbagliava e le chiesi il perché, secondo lei, questo accadesse. Ma sorrise senza rispondere.
Successivamente cominciammo a fare degli esercizi specifici. Ad ogni errore mi diceva: «Vedi proprio non ci riesco?» E più lei mi diceva così più mi convincevo che era solo una stortura del suo pensiero: ovvero le era stato fatto credere che quel “qualcosa nella testa” le impediva di scrivere correttamente.
Così cominciai ad ignorare il fatto, e ogni volta che doveva scrivere quelle lettere le chiedevo di dire a voce alta la parola una volta con la F e una volta con la S (ad es. foglia e voglia, forma e vorma (che non ha significato), fiore e viore ecc).
Il risultato?
Potete immaginarlo!
È bastato mostrarle la stortura di alcune parole scritte con la lettera sbagliata. Ogni volta che scriveva bene le lettere è bastato farglielo notare. È bastato dirle che se avesse avuto qualcosa nella testa non sarebbe stata mai capace di scrivere bene e invece lei a volte ci riusciva, quindi le chiedevo perché. È bastato un po’ di esercizio mirato. È servito leggere e scrivere tanto. È stato assolutamente necessario instaurare un rapporto di stima e fiducia reciproca…
È bastato mostrarle la stortura di alcune parole scritte con la lettera sbagliata. Ogni volta che scriveva bene le lettere è bastato farglielo notare. È bastato dirle che se avesse avuto qualcosa nella testa non sarebbe stata mai capace di scrivere bene e invece lei a volte ci riusciva, quindi le chiedevo perché. È bastato un po’ di esercizio mirato. È servito leggere e scrivere tanto. È stato assolutamente necessario instaurare un rapporto di stima e fiducia reciproca…
È così che la bimba ha risolto il problema definitivamente.
I medici che le hanno fatto la diagnosi, gli insegnanti che hanno ipotizzato il problema, hanno mai provato a fare quello che ho fatto io prima di ipotizzare e certificare l’inesistente?
Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati
Segui i corsi della Dr. Tiziana Cristofari, ti spiegherà come nascono, si prevengono e si superano i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)
Il libro è reperibile
o tramite AMAZON
Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell’apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.
Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo… Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito… È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso – perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria – tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare.
Codice ISBN: 9791220015424
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