Ecco come aiutare i vostri figli ad avere più autostima in ambito scolastico
Prima parte: Quali sono gli atteggiamenti negativi da evitare.
L’autostima è una della caratteristiche fondamentali di ogni persona.
Avere autostima significa riuscire meglio nella vita in ogni suo aspetto; significa non permettere agli altri di farci del male; andare fino in fondo ai nostri obiettivi; avere più coraggio; saper sostenere una propria idea o opinione, ecc.
Ma l’autostima sfortunatamente non si acquista, non si regala, non si può rubare, né prestare e, badate bene, non si può insegnare come fosse una materia scolastica. L’autostima si può solo costruire lentamente nel tempo con un giusto rapporto tra genitori-figli e docenti-studenti. Pertanto sia i genitori che i docenti, devono fare un lavoro molto importante, impegnativo, affettivo nei confronti dei propri figli o dei propri studenti, se vogliono permettere ai bambini, di costruirsi l’autostima che gli servirà per tutta la vita.
E allora? Come si fa a permettere che i nostri figli e studenti si costruiscano l’autostima?
Partiamo dal presupposto che non basta dire ai bambini “devi avere più fiducia e più stima di te” perché, abbiamo detto che non si può insegnare e pertanto non serve o serve veramente a poco fare queste affermazioni.
La stima in noi stessi si costruisce e cresce nel rapporto corretto con l’altro essere umano. Cosa significa? Che bisogna “essere” in un certo modo, per far sì, che i bambini possano acquisire un certo sentire. Parleremo pertanto degli atteggiamenti da non assumere e quelli invece che devono essere assunti.
Oggi parleremo degli atteggiamenti negativi e che vanno assolutamente evitati.
Innanzitutto il disaccordo tra mamma e papà. Il disaccordo su questioni legate all’educazione dei figli rende fragili e insicuri i bambini. Madre e padre devono essere coerenti e concordi con l’atteggiamento da adottare nei confronti dei figli: se uno dei due dice “bravo” e l’altro dice “potevi fare meglio” nessuna delle due parti prevale, creando confusione nella mente del bambino e antagonismo tra i genitori. Ma entriamo nel dettaglio.
Se mio figlio torna a casa con un brutto voto non deve essere né sminuito, né aggredito, né deriso dai genitori, che così facendo, impediranno anche a un eventuale fratello, di assumere questi atteggiamenti. Il giusto comportamento è cercare di capire il perché di quel brutto voto, facendo molte domande al bambino: domandare senza giudicare, parlare molto, confidarsi, crea fiducia e aumenta il rapporto di stima. Il più delle volte il piccolo non saprà cosa dirvi: a quel punto voi dovete rispondere che ci saranno altre prove che andranno sicuramente meglio; che sbagliare serve a capire come fare le cose in modo giusto; che la mamma e il papà non sono arrabbiati, ma solo un po’ tristi perché sanno che lui è triste (in questo caso state rafforzando il sentire del bambino che è la cosa più importante e che gli permette di dare valore a se stesso).
Passiamo agli insegnanti. Quando un bambino non raggiunge l’obiettivo, non devono deriderlo in classe, dicendogli che lui è l’unico a non aver raggiunto un buon voto; né sminuirlo, dicendogli che da lui non si aspettava poi tanto, perché lo conosce bene e sa che più di tanto non può dare; né ovviamente aggredirlo dicendogli che è sempre il solito, che non studia, che non si impegna; o addirittura minacciandolo, dicendo che di quel cattivo rendimento lo dirà alla mamma e al papà. È ovvio che glielo dirà ai genitori. Quello che non è assolutamente opportuno è la minaccia del rimprovero.
I bambini sanno quali sono i loro compiti, lo sanno forse anche più di noi. Se un bambino non raggiunge l’obiettivo c’è sempre un motivo che deve essere ricercato nei rapporti con la famiglia e con gli insegnanti.
Questi atteggiamenti scorretti non solo impediranno il formarsi dell’autostima, ma causeranno nel bambino tutte quelle dinamiche aggressive, di disattenzione, depressive (vedi il pianto, il rifiuto di alzarsi la mattina, il non voler fare i compiti, la tristezza ecc), che sono tipiche di molti bambini.
Proviamo ad analizzare ciò che avviene in un bambino quando le reazioni degli adulti sono di questa natura.
Provate a immaginarvi nella situazione di vostro figlio.
Tornate a casa e dite al vostro compagno/marito o alla vostra compagna/moglie che al lavoro oggi avete commesso uno sbaglio, un errore, uno stupido errore, che però vi è costato un rimprovero scritto che resterà come segnalazione nella vostra carriera.
Lui o lei invece di domandarvi spiegazioni e capire cosa avete sbagliato e come siete finiti nell’errore, v’insulta, vi aggredisce, vi dice che siete degli inetti, che queste cose succedono solo a voi, che il lavoro è importante e che se ti licenziano ci saranno un sacco di problemi economici. Insomma, mette il carico da dodici su una situazione che già percepite molto pesante. Come vi sentite? Non vi verrebbe solo una gran voglia di mandarl@ a quel paese!? Non vi sentite soli, incompresi, demotivati e scoraggiati nel tornare al lavoro? Non vi verrebbe voglia di essere voi a dare le dimissioni e sparire da quell’ambiente di lavoro, ma anche dall’ambiente familiare? Non vi verrebbe voglia di telefonare velocemente a qualcuno (madre/padre, sorella/fratello, amic@) che sapete essere pronto a sostenervi anche se avete commesso un errore?
Ecco, questo è ciò che provano anche i nostri bambini: rabbia, nei confronti della scuola che gli dice a brutto muso di non aver fatto bene il loro compito; e soli, in ambito familiare che rincara la dose facendoli sentire abbandonati. E loro il più delle volte, non hanno nessuno a cui telefonare per sentirsi accolti e accettati per quello che sono!
Come pensate che l’autostima possa costruirsi in un bambino/bambina che si sente così respinto?
Dr. Tiziana Cristofari
PS. La seconda parte (Quali sono gli atteggiamenti positivi da sostenere) sarà pubblicata prossimamente. Tenete d’occhio il blog!
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