All’interno delle nostre scuole non si educa alla presenza ma bensì all’assenza, non ci si concentra sull’accoglienza ma sull’indifferenza, le attività di gruppo e di cooperazione vengono sostituite da attività individuali e competitive.
Molti docenti attraverso comportamenti verbali e non, comunicano ai ragazzi “tu per me non sei importante”. Un messaggio troppo delicato e intrinseco da metabolizzare per bambini e adolescenti in fase di sviluppo e formazione.
L’altro giorno mentre mi recavo allo Studio Figli Meravigliosi, sull’autobus, c’era un ragazzo che un po’ amareggiato raccontava a un suo amico: “La professoressa di matematica oggi non mi ha consegnato il compito in classe che ho svolto la settimana scorsa. Allora le ho fatto presente l’accaduto, sai cosa mi ha risposto? Che ero assente alla verifica! Ma io c’ero! Abbiamo passato tutta l’ora a controllare il registro elettronico, che per via di un aggiornamento non caricava le pagine, alla fine quando la prof ha visto che ero presente al compito, ha esclamato: «Oh mi sono persa il tuo compito! Vabbè farò la media dei voti che già ho»”. I due amici ridevano, mentre io sconvolta, li guardo stretti in un abbraccio, quasi come un volersi proteggere a vicenda da un mondo che non ha sensibilità e cura verso le emozioni e la vita degli studenti.
La docente con il suo modo di comportarsi ha comunicato al suo studente in modo chiaro e netto: “Io non ti vedo! Non ti considero! Sei solo un numero con cui fare una media”. È in questo tipo di “relazione” che oggi purtroppo i nostri ragazzi si formano!
Sono vittime di una sterilità emozionale che rimbomba all’interno di tutte le agenzie educative. Sono vittime dell’ignoranza pedagogica!
Figure che dovrebbero essere delle guide per le giovani generazioni, navigano in un oceano in tempesta senza più neanche il supporto di una bussola che li conduca in un porto sicuro.
I giovani devono fare i conti con l’indifferenza dei docenti: una “relazione” glaciale, di sofferenza, provocata dal “non essere visti” da coloro che avrebbero un ruolo istituzionale e sociale di supporto alla famiglia, incoraggiamento, nonché di formazione alla vita.
La superficialità che i nostri giovani sono costretti a vivere è una realtà che gli viene trasmessa dal mondo adulto. Gli studenti non hanno una relazione con i propri docenti, vengono considerati come numeri e rappresentano solo voti che servono o meno al prestigio della scuola. Ma al di fuori di essa, la situazione non cambia.
Fallendo le principali agenzie educative come scuola e famiglia, tutto il resto della società crolla come un effetto domino.
L’anaffettività, l’arroganza, la disumanità, la violenza stanno avendo la meglio sull’affettività, la compassione, l’empatia, la solidarietà, l’umanità e l’attenzione verso l’altro. Stiamo creando una società di relazioni fredde, di emozioni dissociate, non identificate, accettando così una realtà dell’essere umano che riflette solo disumanità e omertà.
L’indifferenza genera individualizzazione, egoismo e accettazione della crudeltà. Non esiste più nulla che ci faccia indignare, è tutto normale. È normale non aiutare il prossimo. È normale vedere in prima serata delle persone chiuse in un recinto e trattate come schiavi. È normale picchiare bambini e anziani. È normale negare un pasto caldo. È normale che un ragazzo di 18 anni si butti dal balcone, è normale che un docente non “paghi” per gli sbagli che commette, è normale che un genitore non si metta mai in discussione.
Allora vi chiedo cos’è che oggi non è normale? Perché per me l’elenco delle cose sopra citate sono inammissibili e di difficile accettazione. In uno stato democratico queste cose dovrebbero fare orrore, ci dovrebbero portare a manifestare nelle piazze per far sentire la nostra disapprovazione, e invece? È tutto normale.
Gli adulti devono ritrovare il coraggio di trasmettere ai giovani una conoscenza critica che porti alla costruzione di una relazione che abbia come fondamenta l’empatia, l’ascolto e lo sguardo attento e interessato verso l’altro.
La classe politica, ignorando la relazione pedagogica e la pedagogia nel suo insieme dentro la scuola, ci sta conducendo nel labirinto dell’anaffettività, dove per vincere, bisogna perdere la propria umanità.
È tutto normale?
Dr.ssa Antonella Manfredi
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