Mi chiamo Tiziana Cristofari e sono una pedagogista e insegnante.
A soli 6 anni già dicevo di voler fare l’insegnante, a circa venticinque anni, durante il percorso universitario, capii che per fare l’insegnante avrei dovuto realizzare un’identità professionale adeguata, perché conosce la materia da impartire non mi sarebbe bastato, dovevo diventare un’esperta dei processi formativi, perché a un bambino/ragazzo in formazione non gli serve solo la conoscenza di specifiche materie, ma gli serve soprattutto imparare a pensare.
Perché riempire la testa di nozioni dei nostri studenti è facile: basta conoscere la materia di insegnamento e trasferire un certo quantitativo di saperi. Ma questo non è insegnare! Io posso insegnare solo se permetto all’altro di imparare con la propria testa, la propria capacità, il proprio modo di fare, il proprio modo di apprendere… e questa è pedagogia. Pertanto, insegnare senza conoscere la pedagogia, non è insegnare, è solo trasferire un sapere come fanno le guide turistiche, come fanno gli allenatori sportivi, come fanno i datori di lavoro quando passano i concetti e i contenuti al nuovo lavoratore dell’azienda. Ma la scuola non è questo! Non è un’azienda! La scuola deve far crescere persone capaci di pensare, non riproduttori di concetti e cose come fossero su una catena di montaggio. Ma tant’è che la società questo fa! La scuola questo impartisce! Non insegna a crescere, perché insegnare a crescere è qualcosa di più, molto di più.
Sono passati decenni da quando io ero una bambina della scuola primaria (elementare) e decisi che insegnare sarebbe stata la mia professione. Allora non sapevo che differenza ci fosse tra un insegnamento pedagogico e un insegnare per trasferire saperi. Allora non conoscevo l’effetto Pigmalione degli insegnanti (ovvero, se un insegnante pensa che il proprio alunno non può farcela, l’alunno non ce la farà); non pensavo certo che gli insegnanti avrebbero potuto avere su di me dei pregiudizi; non pensavo certo che anche in loro esisteva una realtà psichica che avrebbe influito negativamente o positivamente sulla nostra relazione e quindi sul mio rendimento; non pensavo certo che non ne sapessero nulla della mia crescita, o del modo migliore per insegnarmi a crescere, a diventare una bambina e poi adolescente forte, sicura di me, con una certa autostima. E difatti così non è stato. Ho sofferto a scuola, come soffrono ancora oggi milioni di studenti. Una sofferenza inutile, ma ammortizzabile (almeno nell’immediato e in un paese veramente “aggiornato”) con la conoscenza della pedagogia e di alcuni fondamenti psicologici, quelli che ti permettono di capire te stesso e come funziona la mente umana, non certo quelli della cura che spettano al medico. Ma sapete che c’è? Da quando io andavo alle scuole elementari quarant’anni fa, purtroppo nulla è cambiato nelle aule scolastiche!
Tiziana Cristofari (1979)
Io sono sempre stata una bambina fragile, molto sensibile. Ero poco socievole, una ragazzina che nell’adolescenza durante la ricreazione preferiva passare il tempo a leggere da sola in classe piuttosto che andarsi a divertire con i compagni. Ero un’incompresa dal mondo adulto. Mi si rimproverava di isolarmi, ma non mi si chiedeva mai perché lo facessi… No, certo! Questa era pedagogia e non si conosceva! Come non si conosce adesso!
Il mio rendimento era mediocre: nulla di negativo, nulla di particolarmente positivo. Ma una cosa mi faceva arrabbiare terribilmente: non mi riconoscevano mai la giusta competenza negli elaborati scritti. Non ero una cima nell’orale, anche perché quella mia fragilità e timidezza, quell’insicurezza cronica mi penalizzava nella prova orale, ma mi faceva eccellere nelle prove scritte. Il problema però era che nello scritto pensavano copiassi, proprio perché nell’orale stentavo. Mai copiato in vita mia! Ero sempre ai primi banchi, ma non ero creduta! Quanto mi incazzavo! Che frustrazioni terribili quei fogli con votazioni sempre inferiori a quanto meritassi!
Mi chiedo oggi: ma perché gli insegnanti non vanno oltre le apparenze, oltre una piccola e mediocre capacità di relazione con i propri studenti? Perché non riconoscono i loro meriti? Perché fanno tanta fatica a gratificare i successi degli studenti anche se incostanti? Ma possibile che nessuno gli abbia mai spiegato che la gratificazione fa crescere l’autostima? Possibile che nessuno gli abbia spiegato che la frustrazione uccide il pensiero? Possibile che nessuno gli abbia mai suggerito che andare a scuola può essere un’esperienza bellissima se noi docenti facessimo vivere la scuola come un’esperienza gratificante? Possibile che si debbano sottolineare sempre e solo le negatività e far finta di niente quando ci sono delle positività, quando si raggiungono anche piccoli risultati? Possibile che nessun insegnante abbia mai fatto un corso dove gli venisse spiegato che il riconoscimento dei risultati positivi è il fondamento per far nascere nei nostri studenti la voglia di crescere sereni, studiare, a volte purtroppo, anche solo di vivere…
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell’apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.
Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo… Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito… È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso – perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria – tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare.
Codice ISBN: 9791220015424