Come (non) imparano i bambini!
I genitori lo sanno: con tanta attesa e molti tentativi.
Ricorderete sicuramente quante volte avete provato a suggerire ai vostri bambini di pochi mesi la parola “mamma o papà” nella speranza che un balbettio somigliante potesse uscire dalla sua bocca. O più tardi quando una volta con la stazione eretta avete provato a lasciarlo nella speranza che camminasse da solo.
In tutti questi tentativi ripetuti all’infinito sarebbe folle pensare di sostituire quelle prove con metodi coercitivi o addirittura sostitutivi, sempre se riusciate a trovarne uno.
Quindi il bambino cresce per prove e tentativi sul quel gesto, quella parola, quell’azione, quella circostanza. Cresce sicuramente più facilmente se dietro a quel sostegno c’è anche la parola dolce, il sorriso, l’affettività dell’adulto significativo.
Poi però, gli anni che passano e il tentativo di indipendenza del piccolo o della piccola sembrano infastidirci e cominciamo a pretendere che tutto avvenga con facilità, senza sforzo, sostituendoci a loro, trovando compromessi, trovando palliativi all’attività dell’esercizio e dell’attesa, per poi andare a correre dal neuropsichiatra al primo intoppo che ci instilla il dubbio che la bambina abbia un problema.
Non ci guardiamo intorno, non ci chiediamo noi, cosa stiamo facendo, non pensiamo che probabilmente il nostro modo di fare è sbagliato; anche perché il dubbio lo instilla il più delle volte il docente di scuola, che per quanto se ne possa dire sulla sua poca credibilità (grazie anche a stipendi da fame che non lo valorizzano), è ancora il punto di riferimento delle famiglie per quanto riguarda l’apprendimento del proprio figlio.
All’evoluzione dei tempi però, non vi è stata una evoluzione culturale degli insegnanti in ambito didattico-pedagogico. Ora il Governo vorrebbe correre ai ripari escludendo quelli con il diploma e sostituendoli con i laureati, per far fronte con chi è più adeguato e “sanare” questa profonda impreparazione del docente che attanaglia i nostri bambini. Certo è che a mio giudizio (e non solo), i percorsi di studi accademici per gli insegnanti della scuola all’infanzia e primaria, sono ancora terribilmente deficitari per la valorizzazione dei docenti, ma lo Stato con queste preparazioni mediocri tenta di mascherare la carenza per eccellenza, ovvero quella pedagogica, nonostante la riforma di Legge 205/2017 sul riconoscimento del ruolo del pedagogista di recentissima approvazione.
Cosa comporta tutto questo?
Facile a dirsi, è sotto gli occhi di tutti: nella didattica-pedagogica i docenti si sono tutti (o quasi) livellati ad un pensiero piatto e formale privo totalmente di creatività e competenza. Oggi tutti (o quasi), per insegnare usano le fotocopie! Alla faccia degli innovativi metodi didattici e pedagogici dei nuovi corsi universitari!
Ai miei tempi se i quaderni erano formati di 40 pagine oggi sono diventati di 80/120 perché per ogni pagina, da parte a parte c’è un foglio di esercizi preconfezionati incollato sopra.
O gli insegnanti non sanno più scrivere e disegnare alla lavagna o hanno paura di sporcarsi le mani, oppure i bambini sono veramente diventati tutti stupidi! Riempiono centinaia di fotocopie come se avessero tutti qualche impedimento, come se i libri non esistessero più. E c’è poi da domandarsi (ma la risposta è ovvia per tutti): con quali soldi fanno le fotocopie?
Sicuramente con quelli della scuola a scapito della carta igienica! Ma lo Stato non passa a tutti i bambini gratuitamente libri per ogni materia e che paga fior di quattrini alle case editrici? Libri colorati e con un’infinità di esercizi? Tra l’altro ampiamente scelti dagli insegnanti attraverso una moltitudine di proposte editoriali! Quei libri per lo più restano lindi e pinti come lo Stato li ha forniti, però i quaderni vivono una vita tutta loro con aggiunta di fogli in bianco e nero “precotti” che crescono a dismisura.
Mi direte, e cosa c’è di male nel far compilare le fotocopie a parte lo spreco di carta e denaro pubblico? Nulla, se non impedire ai bambini di scrivere su fogli interi centinaia di volte lettere e parole,
magari anche in calligrafia per non far dire poi che è un disgrafico o, siccome non impara a scrivere le parole correttamente è appunto un disortografico; impedire di scrivere centinaia di volte in colonna a mano libera calcoli ed esercizi matematici serve per non far dire poi che la bambina è una discalculica,
e tutto questo si può fare solo su quaderni con righe e quadretti giusti per quell’età. Far scrivere i bambini su quaderni senza ulteriori stimoli preconfezionati significa imparare senza confusione, perché la concentrazione possa focalizzarsi su un unico evento alla volta. Quello spazio vuoto dei quaderni, che tanto sembrerebbe far paura a noi adulti, non certo ai bambini!, deve permettere la sperimentazione, la creatività
e la costante possibilità di esercizio della scrittura e del calcolo, deve essere libero da impostazioni predefinite che limitano lo sviluppo e la crescita cognitiva di chi sta imparando, perché imparare costa solo ed unicamente fatica.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati
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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell’apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
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Codice ISBN: 9791220015424
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