Forse vi sembrerà strano o forse no, ma io in prima media (allora la scuola secondaria di primo grado si chiamava così) sono stata bocciata. Nessuno mai avrebbe dato un soldo di valore alle mie competenze o se preferite incompetenze matematiche, tantomeno letterarie, insomma ero una bambina… difficile(?)… fate voi!
Mia madre, ma chissà quante altre come lei, non le piaceva l’idea del mio… fallimento(?), anche qui fate voi! e allora decise che io avrei recuperato l’anno e devo dire che gliene sono tutt’oggi ancora molto grata, anche se poi non è servito a non farmi interrompere gli studi a sedici anni, per poi riprenderli in maniera straordinaria un anno più tardi e non fermarmi più fino alla laurea.
Ma la cosa che volevo dirvi è che nella scuola dove recuperai l’anno perso incontrai dei docenti meravigliosi, molto diversi da quelli che ricordavo nella scuola che mi bocciò. Al momento dell’esame di licenza media, la docente di italiano mi chiese con quale scuola avrei voluto proseguire i miei studi
e io le dissi che avrei fatto molto volentieri le magistrali (a quei tempi il liceo delle scienze umane si chiamava così). Nel mio diploma (ancora una volta con mio grande stupore per l’intelligenza di quelle docenti), scrissero che avrei dovuto proseguire con le magistrali: ne fui orgogliosa e per lungo tempo pensai che finalmente potevo prendermi delle soddisfazioni. Peccato che poi mia madre non dette seguito a tutto questo, scegliendo per me una scuola che al secondo anno, nonostante i bei voti, decisi di lasciare.
Perché vi racconto questo? Perché una mamma, Irene, qualche giorno fa mi ha scritto chiedendomi se fosse giusto che i docenti “decidano” per gli studenti quale scuola devono proseguire dopo il terzo anno della superiore di primo grado. Mi ha detto che suo figlio era molto propenso a seguire una scuola informatica e che lo aveva anche detto ai suoi insegnanti, ma i docenti hanno voluto a tutti i costi ribadire sul foglio dell’orientamento che lui era più idoneo per un istituto tecnico e ovviamente, ci è rimasto malissimo. La stessa mamma poi mi ha detto che per sua figlia i docenti avevano deciso per il liceo, mentre lei ha scelto il tecnico e ora si trova benissimo. Forse è il caso che i docenti imparino ad ascoltarli questi studenti, ma soprattutto imparino a conoscerli, a non avere pregiudizi basandosi sulle competenze che dimostrano nelle loro materie e a incoraggiare le loro scelte.
Certo a volte capita che i figli decidono in base alla scelta fatta magari dagli amici: e qui nasce il dilemma. Quella scuola gli piacerà veramente o la fa perché ci va l’amico? E qui sta alla nostra intelligenza e affettività nei confronti dei nostri ragazzi saperci parlare, confrontarci e saperli orientare. Perché l‘orientamento serio esiste, è possibile, se fosse fatto con intelligenza e affettività (dove una caratteristica non pregiudica l’altra e neanche ne può fare a meno!)
Quindi, ricapitolando. La comunicazione affettiva è alla base anche per questa delicata e importante scelta che influirà sul futuro dei nostri figli e studenti e sulla loro autostima. Incoraggiateli e sosteneteli nelle loro passioni, senza farvi fuorviare dai giudizi degli insegnanti e dall’andamento delle materie. Vi ricordo che i voti e i giudizi dei docenti sono soggettivi e non è detto che siano obiettivi. L’unica cosa veramente corretta è il piacere e il gusto di fare che i vostri figli dimostrano e che vogliono e devono poter coltivare. Quindi bisogna ascoltarli, non solo con le orecchie ma anche con il sentire più umano che c’è in noi, che significa lasciandoli liberi di esprimersi senza giudicarli, senza pensare che sono ancora troppo piccoli (per cui siamo noi che dobbiamo decidere per loro), ma dandogli fiducia, riconoscendogli le passioni che coltivano, ma anche quelle che vorrebbero coltivare!
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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