Il giorno 8 settembre 2018 un utente di YouTube, sotto il mio video “Chi è e cosa fa la pedagogista” scriveva:
Grazie per la sua spiegazione perché mi ha dato un chiarimento.
Io sono un assistente sociale e mi occupo di assistenza in una comunità psichiatrica.
Oggi, dopo sette anni di “duro” lavoro in comunità e dopo una formazione specifica in ambito di mediazione e di assistenza alla persona con diagnosi psichiatrica, sto maturando il desiderio di specializzarmi in scienze pedagogiche.
La mia motivazione sta proprio nell’approfondire le discipline pedagogiche per dare alla mia professione di assistente sociale specialistico (sono titolare di una laurea cl. 57s) una competenza specialistica in pedagogia. Le vorrei fare due domande:
Nel corso della mia professione in comunità psichiatrica ho incontrato gli educatori area sanità che lei non menziona nel video e gli educatori di scienze del educazione L19, mi sa spiegare da un punto di vista di pedagogista come descrive queste due professioni?
La figura del pedagogista in campo della ricerca sociale, che percorsi e tematiche può affrontare?
Grazie della sua preziosa attenzione e ancora grazie per avermi chiarito la differenza fra educatori e pedagogisti.
Questa è la mia risposta:
Grazie, soprattutto per il suo entusiasmo. Per quanto riguarda la prima domanda, il mio punto di vista è che un educatore non dovrebbe essere distinto tra colui che esce da una facoltà di medicina e colui che esce da quella in scienze della formazione. Un educatore è un educatore, ovvero si occupa di tutte quelle attività ricreative/formative che attendono allo sviluppo fisico e cognitivo di un individuo, sia che si trovi in ambito ospedaliero, sia in quello ludico/ricreativo o di istruzione. Ma le attività dell’educatore non hanno nulla a che vedere con la medicina, non sono e non saranno mai un atto medico. Un educatore con la medicina non ha attinenza, anche se il DdL Lorenzin ha previsto il corso di laurea nella facoltà di medicina. Purtroppo così facendo ha solo “sporcato” l’immagine dell’educatore volendogli dare un titolo più accentato, quasi più prestigioso (rispetto a un educatore di area pedagogica) ma snaturandone l’identità. Io lo ritengo un errore gravissimo perché gli educatori con la medicina non hanno nulla a che vedere e così facendo la Lorenzin ignorantemente, ha sminuito l’importanza degli educatori per la formazione, lo sviluppo e la crescita dell’individuo (anche malato) e quindi dell’immagine di colui che si dedica allo sviluppo umano; come se curare fosse un atto più importante di “educare” un individuo, ovvero permettere la crescita fisica e cognitiva (al di là della cura). Vorrei ricordare che un buon atto educativo (sia fisico che cognitivo) fa prevenzione allontanando dalla cura, ed è qui che un educatore dovrebbe focalizzarsi nascendo e costruendo il suo percorso formativo/accademico dentro la facoltà di scienze della formazione. In poche parole educatori e pedagogisti si occupano di formazione, educazione e crescita fisica e cognitiva per tutte le età dell’uomo, ma non certo di medicina.
Rispondendo alla sua seconda domanda ho sempre pensato che il confine tra tutte le materie umanistiche fosse abbastanza vicino, ma l’identità professionale dovrebbe restare quella del proprio ambito di studi. Pertanto come a mio giudizio non può esserci un educatore area sanità diverso da quello area formazione, non può esserci un pedagogista area sociologica (se ho capito bene quello che mi sta chiedendo). Ogni figura ha la sua identità che, a mio avviso, non dovrebbe essere snaturata, come ad esempio quando si parla di psicopedagogia (creando nella mente delle persone un’enorme confusione): o si è pedagogisti o si è psicologi, anche se poi si può essere entrambi, prendendo entrambe le lauree. Ma bisogna conoscere molto bene la propria identità professionale per valorizzarla al meglio nel proprio ambito ed evitare confusioni, fraintendimenti, usurpazione di ambiti professionali a scapito di chi si rivolge al professionista. In poche parole bisogna saper tutelare l’utente che fa richiesta di una specifica prestazione. Oggi purtroppo si assiste ad una grave mancanza di identità professionale, dove tutti vogliono fare tutto, spacciandosi per tanti professionisti diversi pur di “sbarcare il lunario”. E così troviamo insegnanti che vogliono fare i medici, logopedisti che vogliono fare gli insegnanti e/o i medici, psicologi che vogliono fare i pedagogisti o gli insegnanti, pedagogisti che vogliono fare “la cura”, quando medici non sono; psichiatri che vogliono valutare i percorsi formativi che sono invece identità professionale del pedagogista e via dicendo… tutti con una confusione pazzesca su cosa sia la malattia, la formazione, lo sviluppo cognitivo, le capacità didattiche, ecc. Naturalmente a scapito dei più deboli che non sanno più a chi debbono rivolgersi quando hanno un problema o una difficoltà.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
Le difficoltà di apprendimento non sono di origine medica ma pedagogica!
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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell’apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.
Descrizione del libro
È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo… Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito…
È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso — perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico —, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa.
Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria — tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli —, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare.
Codice ISBN: 9791220015424