Ecco come ci troviamo adolescenti annientati da scuola e genitori. Quando tutto sembra perduto, quando un figlio o una figlia adolescenti nei confronti della scuola dicono: non voglio, non mi piace, non ci riesco, non sono all’altezza, non sono capace, gli insegnanti mi odiano, non mi possono vedere, mi dicono che sono stupido, che non capisco, che non mi impegno… ecco, quando i giovani dicono così è vero, non stanno mentendo! E tutto questo fino a vederli diventare tristi, svogliati, stanchi, depressi, annoiati, quasi bulimici o anoressici, isterici…
Voi che fate? Come vi ponete nei loro confronti? Cosa gli dite? “Non ti preoccupare ci penso io! Vado a scuola a parlare con gli insegnanti”. E lo fate… Ma poi nulla cambia. Oppure gli dite gridando che è uno stupido/a, che non si impegna, che in fondo lui/lei non è fatto/a per la scuola, ma un pezzo di carta gli servirà per il futuro, pertanto ci deve andare, altrimenti gli toglierete la paghetta settimanale, la serata in discoteca, la cena con gli amici… ecc. Oppure…
Eccola lì, pronta, la scuola privata, quella che per magia ha insegnanti accoglienti(?), quella che promuove, sempre. Quella che prende i “malati” e li “cura”, almeno crede. Giusto per ribaltare un’espressione di don Milani: lui diceva che la scuola prendeva i sani e cacciava i malati.
E i genitori che mandano il figlio in questa scuola si sentono soddisfatti, sollevati da incombenze e responsabilità enormi: d’altronde quello che conta è possedere il titolo di studio, no? E i figli naturalmente sono contenti e coglionati! Scusate l’espressione colorita, ma esprime molto bene il mio pensiero.
E sì, perché quando quel malessere di cui sopra prende i nostri giovani, si risponde loro, il più delle volte, con l’ipocrisia, il buonismo, la faciloneria, la meschinità, la superficialità, il menefreghismo, la rabbia, la pietà, ma nessuno prova a capirli veramente, e se ci prova, lo fa in modo maldestro, cercando facili soluzioni, cercando e spesso trovando, obiettivi sostenibili senza alcun impegno affettivo e partecipativo. Ma in questo modo non ci rendiamo conto che stiamo solo distruggendo ancora di più e ancora una volta il futuro dei nostri figli!
Proviamo a capire cosa succede in queste scuole private, soprattutto quelle per il recupero degli anni scolastici, proviamo a ragionarci sopra.
Alla domanda: se tu@ figli@ non è riuscito a finire il programma di un solo anno scolastico, come pensi che possa finirne due? La risposta è facile e scontata: si riduce il programma dei due anni; a volte si annienta drasticamente, senza dargli continuità storica e argomentativa; ma a noi non ci importa, d’altronde questi ragazzi cosa ne sanno della continuità storica e argomentativa; cosa ne sanno di ciò di cui vengono deprivati inconsapevolmente? Noi possiamo propinargli ciò che vogliamo, tanto loro ti seguono contenti, purché promossi. E tutti quanti siamo felici della magia che la scuola privata è riuscita a fare a questi poveri disperati adolescenti di serie B (perché quelli considerati di serie A vanno alla scuola pubblica); siamo tutti ampiamente soddisfatti, perché abbiamo raggiunto l’obiettivo in modo così facile, che d’altronde, come poteva essere altrimenti? Abbiamo mostrato ai nostri figli come è possibile comprare i propri sogni facilmente, cosa vogliamo di più?
Ma abbiamo informato questi giovani su ciò che li stiamo deprivando? Gli avete spiegato cosa gli state togliendo, di quanto ci hanno perso ottenendo quel poco? Gli abbiamo spiegato che oggi quel pezzo di carta comprato non serve più per trovare lavoro?
Se non avete mai pensato a quali deprivazioni gli state offrendo su un piatto d’argento, ve le suggerisco io: quell’adolescente, qualora ne avesse la necessità, non saprà scrivere una lettera di protesta, non saprà far valere i propri diritti, non saprà confrontarsi con gli altri. Impedendogli di svolgere un corso regolare, non gli avrete permesso di comprendere il passato con lo studio della storia, che significa comprendere la politica del presente e sapersi rendere partecipe con coscienza e consapevolezza; significa conoscere i propri diritti civili, significa conoscere come siamo arrivati fino a qui, il costo che si è pagato e quello che ancora paghiamo, purtroppo. Gli avrete tolto la possibilità di costruirsi una cultura, che gli permetterebbe di difendersi da chi lo vuole truffare (e qui in Italia sappiamo bene che di truffe ci si campa, ahimè: i politici e non solo, ce lo hanno insegnato bene!); gli avrete impedito di difendersi da chi lo vuole ingannare perché lui/lei non sa quali sono suoi diritti, che sono alla base della nostra vita civile e che solo la cultura ci fornisce, perché ci insegna a ragionare, a pensare e a comprendere anche quello che non conosciamo. Faccio un esempio: vi è mai capitato di avere un problema a un qualunque sportello pubblico, per una qualunque questione, e non sapere come difendervi pur sapendo di essere dalla parte della ragione? Di sentirvi liquidare così: “Scriva pure la sua lettera di protesta!” e per questo, siete tornati a casa arrabbiati e frustrati, perché avreste potuto dire questo o quest’altro, ma in quel momento non ci siete riusciti e scrivere una lettera di protesta non è facile, soprattutto se non ci hanno insegnato a farla? E poi soprattutto, noi gente comune, non abbiamo sempre un avvocato pronto a prendere le nostre difese, come invece hanno coloro che occupano i posti di potere, ai quali è sufficiente alzare il telefono e c’è chi per loro gli risolve il problema: noi dobbiamo imparare a difenderci da soli; e come si fa, se non conosciamo i nostri diritti? Se non sappiamo parlare? Se non abbiamo acquistato sicurezza in noi stessi con la cultura; se non abbiamo formato una nostra personalità con la conoscenza del mondo che ci circonda e che è la sola in grado di fornirci consapevolezza e capacità? Ma probabilmente anche questo non ci importa, d’altronde il mondo è pieno di gente insoddisfatta, frustrata, derisa, lesionata nei propri diritti, e la politica continua a fare ciò che vuole da sempre sulla pelle delle persone, e noi d’altronde che possiamo fare se non le vittime? Vi ricordo però, che “quella gente” siamo tutti noi e che tutti noi messi insieme possiamo fare tantissimo, soprattutto cominciando da noi stessi e senza cadere, appunto, nel vittimismo.
E quei ragazzi a cui oggi voi volete rendere la vita acquistabile, domani possono essere solo le comparse del loro destino non i protagonisti attivi. Ma non vi sentite stanchi di vedere come alcuni hanno tutto (diritti compresi) e altri non hanno niente? Non vi siete mai indignati per questa disparità dove i più patiscono anche i diritti più elementari solo perché non li conoscono e non li possono pretendere? Beh a me è successo! E se non avete ancora capito perché certe realtà esistono, proverò a spiegarvelo io: perché la società ha bisogno dello schiavo, dell’oppresso, dell’ignorante, del senza diritti, per poter rendere “padroni” i più forti. Perché un mondo più giusto (che può essere tale solo con la cultura) non lo vogliono tutti, soprattutto chi sta al vertice, chi comanda, chi fa le leggi. Come potrebbero comandare, come fanno spesso oggi, se le persone (tutte) conoscessero i loro diritti e li pretendessero? E allora è chiaro che questa schiavitù parte dalla non formazione. Parte dalle scuole private religiose e laiche, che pur di avere tanti iscritti garantiti, trattano i nostri ragazzi (con il vostro consenso), come se fossero degli inetti. Li aiutano a sorridere di un sorriso amaro. Di una felicità fittizia che pagheranno per il resto della propria vita e comunque sulla propria pelle.
Altra domanda facile. Se il/la giovane non ha avuto buoni rapporti con i professori di una scuola statale, perché dovrebbe riuscirci con quelli di una privata, pensate forse che gli uni differiscano dagli altri? Provo ancora a spiegarvelo io il perché! Nella scuola statale la maggior parte dei professori purtroppo, non si sentono in dovere di “educare-formare-relazionarsi”, quindi di fare un lavoro più ampio e faticoso nei confronti dello studente (soprattutto di quello studente che ha più bisogno di loro), ma si sentono in dovere(?) solo di trasmettere nozioni. Per questo motivo, quell’insegnante, non cede sul famigerato voto, mettendo così volutamente lo studente in uno scontro-confronto con gli altri studenti; non conosce le modalità per gestire il conflitto suo e dell’adolescente; non sente di dover creare empatia nei suoi confronti, non valuta le alternative a una didattica più efficace, e scarica spesso il problema sulla famiglia: in poche parole, se ne infischia di tutte le dinamiche relazionali. Ma gli studenti che frequentano questi insegnanti hanno un vantaggio, vengono promossi se hanno studiato e imparato qualcosa, ossia passano a loro e alla famiglia un messaggio specifico, ovvero quello che per avere un risultato bisogna conquistarselo.
Nella scuola privata, intendiamoci, se ne infischiano ugualmente! Sempre con lo stesso principio per il quale non si sentono in dovere né in obbligo di dare di più nel rapporto e nella didattica. Anzi, e scusate se è poco, il professore del privato sente solo la necessità di tenersi il posto ignorando il più possibile ciò che gli ruota intorno: perché spesso quell’insegnante lì, non ha nessuna formazione idonea per lavorare in una scuola. E come si fa a garantirsi il posto sulla pelle degli studenti? Si accondiscende a tutte le richieste delle famiglie e degli alunni, senza mai mettersi in gioco e fornire quel supporto formativo (anche solo nozionistico) che serve per una crescita e formazione vera dello studente. Pertanto, la dirigenza della scuola privata cosa fa? Accondiscende all’impreparazione dei docenti per garantirsi la loro passività e ossequenza nei confronti delle famiglie e dello studente: d’altronde infastidire i genitori che si vogliono scaricare la responsabilità del figlio (ottenendo a pagamento il suo titolo di studio), significherebbe infastidire la dirigenza (che non vuole sentire lamentele dei genitori), che a sua volta, porterebbe al licenziamento del docente.
Se siete genitori interessati alla vita di vostro figlio o di vostra figlia, dovete sapere che la sua formazione non è cosa facile e non siete giustificati nel pensare che con i sodi possiate comprare tutto. Ma non perché realmente non possiate, intendiamoci bene, perché sappiamo che potete comprare tutto! Quello che vi sfugge forse, è che non avete percezione di ciò che gli state togliendo sia in termini di costruzione del pensiero, sia in termini di possibilità o opportunità reali che la vita offre loro, perché né la cultura, né la relazione umana vera, si possono comprare. Certo potete comprare il libro, ma non la conoscenza di quel libro, che per averla, vostro figlio, deve impegnarsi a leggerlo. E non potete comprare nemmeno il vero rapporto umano, quello fatto di affettività e competenza professionale, perché l’affettivo e il competente non si lasciano comprare in cambio della distruzione della loro realtà umana pulita: chi se la lascia comprare è solo un meschino, un approfittatore, uno che non sa che cosa sia, appunto, la realtà umana.
Possiamo provare a stare anche dalla parte di questi docenti delle scuole private, anche se io non li condivido e non li giustifico. Sono stata una di loro: ho provato le frustrazioni del precariato, dell’ampiamente sottopagato in nero, delle cosiddette “classi difficili” se mai possano esistere veramente, dei genitori maleducati che tutto vogliono e pretendono senza nulla sapere e di quelli che si raccomandano, dei colleghi stupidi e inadeguati, che ti vogliono spiegare alla “Razzi-Crozza”, come fare l’insegnante senza sentire la conseguenza di una scuola frustrante e demotivante. In queste scuole che mortificano il lavoro del docente impreparato e anche quello preparato, mi sono sentita dire più volte: “Non preoccuparti della lezione, tu racconta qualcosa in classe, intrattienili, non è necessario fare un vero programma, non è necessario farli lavorare, intrattienili e basta”. Questo vogliono che siamo: degli intrattenitori. Eppure io stessa non posso far altro che rimproverare i docenti indifferenti e menefreghisti, dicendo che non sono adeguati, che non capiscono e non conoscono la psicologia dei ragazzi, che possono comunque fare di più, molto di più di quello che fanno, e che soprattutto i ragazzi sono e saranno anche il frutto del loro operato. (Naturalmente, mi preme sottolineare, che ci sono alcuni insegnanti, anche nelle scuole private, che fanno un ottimo lavoro con gli studenti, ma sono decisamente la minoranza).
Eppure è successo anche a me di guardare la lavagna durante una spiegazione, pensare di scriverci l’argomento del giorno, fare uno schema per semplificarlo e sorridere a me stessa dicendomi: “Ma per chi devo fare tutto questo se nessuno di loro mi segue?” Ho provato frustrazione, un pizzico di rabbia per una società che fa di tutto per lasciare andare, fregarsene di questi studenti. Perché se le istituzioni permettono che studenti completamente impreparati possano prendere la maturità nelle scuole cosiddette paritarie (dove per paritarie si dovrebbe intendere che hanno le stesse modalità di istruzione delle statali), dove la scuola, ossia la sua dirigenza, il mondo docente e i genitori si comportano in modo indifferente e anaffettivo nei loro confronti, tu da sola, non cambierai le sorti a loro destinate. Eppure non ho mai mollato, per etica, per professionalità, per umanità o per capacità relazionali alle quali non so e non posso rinunciare. Perché so che devo lasciare a loro anche da sola, qualcosa di positivo da ricordare: fosse solo un atteggiamento diverso da tutti gli altri insegnanti. E poi sperare che un giorno, questi giovani, pensandoti, possano credere che esiste un altro approccio alla vita, un altro modo di fare e di sentire.
Ma lì, a quei ragazzi, in quel momento preciso della vita, familiari, dirigenti, docenti, istituzioni, hanno insegnato loro che con i soldi, pagando, tutto si può ottenere facilmente, infondendo a poco a poco quell’idea di onnipotenza che tanto li farà soffrire quando si renderanno conto, da adulti, che non sono onnipotenti, che c’è sempre chi è più di noi, chi sa più di noi, chi può più di noi. Quando si renderanno conto che non c’è sempre la soluzione a tutto, soprattutto la soluzione facile e acquistabile. Per farvi un esempio: conosco una persona che è molto ricca, ma ha poca cultura: non legge mai, non ha un titolo di studio, niente. È riuscito a crearsi una grande impresa: ha una bellissima famiglia, figli, nipoti, ma anche tanti atteggiamenti da onnipotente. Ha vissuto per anni in un mondo di favola, ha avuto tutto, viaggi, benessere in ogni sua forma, sport, case favolose, ogni cosa che una persona possa desiderare e anche tanta salute. Questa persona se ne è sempre fregata degli altri, soprattutto dei suoi dipendenti, li ha sottomessi, privati dei più elementari diritti, forte del suo potere e della sua posizione di datore di lavoro; non ha mai considerato le loro esigenze e ha sempre avuto quell’atteggiamento tipico di onnipotenza che è il frutto di una certa educazione al “io tutto e su tutti posso!” Un bel giorno però, nonostante il suo benessere, una vita regolare e priva di vizi per la salute gli è venuto un infarto, di quelli che non si dimenticano e che ti fanno passare tutta la vita davanti in un solo minuto. Quando ho avuto modo di risentire questa persona le sue prime parole sono state: “Non avrei mai immaginato che una cosa del genere potesse succedere proprio a me. Non fumo, non bevo, faccio sport regolari, non ho il diabete, non ho mai avuto problemi di salute e di alcuna natura, non capisco proprio come sia potuto succedere a me…” Ho subito pensato (e per delicatezza non ho detto): “Forse perché non sei onnipotente?”
A questi ragazzi, con questo tipo di approccio alla vita, alla scuola, allo studio, al non impegno nel fare per ottenere dei risultati, gli è stato insegnato che il potere è ciò che conta: i soldi, la forza, essere trasgressivi e fottersene del prossimo è ciò che serve, anche se mi rendo conto che purtroppo è anche l’esempio che ci stanno dando giornalmente i nostri politici. Ma noi insieme ai nostri figli, possiamo e dobbiamo costruire un futuro diverso.
Dobbiamo spiegare loro che certe possibilità di crescita, trasformazione e riuscita nella vita, si ottengono con il rapporto umano e con la cultura, che va costruita e custodita nel tempo, perché sono le sole cose che ti aiuteranno a vivere pienamente, più facilmente e dignitosamente la vita.
Il dramma più grande? È che questi studenti e i loro genitori non sanno quante conseguenze potrebbe portare questa deprivazione della cultura e della relazione umana oggi più ancora di ieri. Perché solo lo studio approfondito che ognuno di noi può e deve fare con la cultura (artistica, umanistica, scientifica) compresa quella del rapporto umano, può dimostrare quanto tutto questo spesso provochi le cosiddette patologie psichiche negli adolescenti (bulimia, anoressia, suicidio, depressione ecc.), devianze (droghe, prostituzione, malavita), la disoccupazione per rassegnazione, i futuri cattivi rapporti con il partner, con i figli, con i colleghi di lavoro e gli amici ecc. E anche se tutto questo mio dire è duro da mandar giù, vi posso garantire che coltivare la cultura e il rapporto umano, è la sola unica cosa che potete fare per preservare voi e i vostri figli, da tutto ciò che è stato raccontato in questo articolo.
No, ad adolescenti annientati da scuola e famiglia!
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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PS: Per comprendere meglio tutto il discorso che ho fatto, vi invito a guardarvi il film Will Hunting – Genio ribelle (vincitore di due premi oscar) con Matt Damon e Robin Williams. In questa storia viene spiegato tra le righe l’importanza della cultura (e di come possa essere molto utile a un ragazzo dei quartieri poveri) e il concetto di rapporto umano (ossia di come senza (anche se con la cultura), non sia possibile una vita degna di essere vissuta).
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